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Anisio, Cosimo

Biografía

Nació aproximadamente en el año 1470, y murió en 1533. Hermano de Giano Anisio. Se relacionó con Vittoria Colonna en Ischia en torno a los años 1527 y 1528. Fue autor de varios epigramas. Dedicó poesías a Alfonso d’Ávalos, a Giovanna d’Aragona, a Antonio Minturno y también a Garcilaso.

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“C. Anisio. — Ma di gran lunga inferiore per pregio artistico è la raccolta poetica di Cosimo Anisio, fratello di Giano, che così presenta il volumetto fraterno: «Ut suum Castorem Pollux, ita Janum Anysium fratrem Cosmus per eadem fere vestigia est secutus. Tu, lector, ut limitationem, ita mutuum agnosce amorem. Vale». Dedica poco fraterna, in verità, se Giano ci tiene tanto a chiarire il suo ruolo di ispiratore! Il punto di origine di queste poesie è sempre lo stesso: Catullo attraverso Pontano. Anche Cosimo ama alla spicciolata una Zenofila, una Licinna, una Settimilla, con gran dovizia di particolari erotici. Qua e là, il ricordo di un amico o di un compagno d’accademia:

Dum me, Summonti, tam pulchro munere donas
Rarum me exemplum dicis amicitiae,
Rarum doctrinae, rarum sapientae et omnis
Viritutis, meque ad sydera summa levas.
Verum mi liceat dixisse, ambagis Homerus
Quo periit nodo, me premis atque necas.
Non facile est captu nobis aenigma, tuumne
Judicium falli debeat anne meum.

Reminiscenze ovidiane sono evidentissime nel secondo libro, dove s’inizia il Brevarium transformationum:

Prima Chaos mundi facies confusa, parentis
Naturae officio formosos explicat artus.
Hinc Tellus, maria, ac divum domus aurea coelum,
Hinc momenta viresque anni, sol lucidus et nox,
Atque hinc est quicquid vitali vescitur aura.
Post debellatos insigni clade Gigantas,
Disiectasque altas moles, foedata cruore
Natorum tellus, reparavit sanguine ab illo
Dirum, immane genus hominum, sine lege, sine arte,
Quis amor et studium salvo indulgere furori.

E così ancora per molte centinaia di versi. Non è la fecondità che manca a Cosimo Anisio; ma in lui, più che nel fratello, si riesnte il lavoro di scuola, compiuto con meccanicismo di cesellatore più che con anima di poeta. La lettura dei grandi modelli e dei piccini in lui non genera ansia e brama di emulazione, sia per sbiadita; bensì gli si desta solo l’apprensione di accumular bei versi, accogliere in sè quel ritmo e quella musicalità verbale, e poi, su quegli shcemi estertori e numerici, ricalcare, con semplice cambiamento di parole, quei modelli che più lo hanno lasciato ammirato e suggestionato. Ancora una volta (in lui come nella più parte dei suoi colleghi), la forma uccide la vita, la letteratura soffoca la poesia.”

En: Altamura, Antonio. L’umanesimo nel mezzogiorno d’Italia. Firenze: Bibliopolis, Libreria Antiquaria Editrice, 1941, pp. 120 – 121.

Bibliografía Primaria