Biografía
Nacida en Marino en el año 1490, Vittoria Colonna se casó a los diecinueve años con Ferdinando Francesco d’Avalos, marqués de Pescara. En la isla de Ischia pasó gran parte de su vida, desarrolló su actividad literaria y conoció a autores como Sannazaro, el Cariteo o Galeazzo di Tarsia. Frecuentó los círculos culturales más importantes de Nápoles y acabó creando uno de los cenáculos literarios más importantes de la época. En su Epistola en verso quedará reflejado el lamento por la ausencia de amor, fruto de la marcha de su esposo a la guerra contra los franceses. Después de la muerte del marido, ante una crisis personal, conocerá la espiritualidad valdesiana en Nápoles y, más tarde, viajará a Ferrara, donde crecerá su fama. En Roma, trató con Miguel Ángel, quien llegó a regalarle hasta tres obras y con quien se carteó en los últimos años de su vida. La popularidad de Colonna fue notable, pues su nombre aparece en la obra de muchos escritores contemporáneos como Britonio, Fiamma, Dolce o Ariosto. Además, fue escritora de poemas que han acabado recogiéndose en las Rime sacri e morali y en las Rime profane. Murió en Roma, en 1547.
“Vittoria Colonna, marchesa di Pescara (Marino, 1492 – Roma, 25 febbraio 1547), è stata una nobildonna e poetessa italiana. Fu in contatto con i protagonisti delle vicende storiche, religiose, letterarie e artistiche della sua epoca. Morto il marito Francesco Ferrante d’Avalos nel 1525, Vittoria approfondì la propria fede, sostenendo le nuove realtà nate per rinnovare la Chiesa, dai cappuccini ai gesuiti, dagli esponenti dell’Evangelismo agli Spirituali di Viterbo. È ricordata per le sue rime amorose (1538) e soprattutto per le Rime spirituali (1546).
Figlia di Fabrizio Colonna e Agnese di Montefeltro, Vittoria Colonna crebbe a Marino, ricevette una raffinata educazione umanistica. Nel 1509 sposò Francesco Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara, che sarebbe poi stato comandante dell’esercito imperiale di Carlo V e vincitore della Battaglia di Pavia (1525). Con il matrimonio, Vittoria si trasferì nel Castello Aragonese di Ischia ed entrò a far parte della vivace corte di Costanza d’Avalos. Quasi nulla si conosce della produzione poetica di Vittoria Colonna prima della morte del marito: l’unico componimento sopravvissuto è un’epistola in versi composta in occasione della sconfitta imperiale nella Battaglia di Ravenna (1512).
Dopo la morte di Ferrante (3 dicembre 1525), la Colonna tornò a Roma e cambiò il proprio stile di vita, abbandonando i palazzi di famiglia e gli abiti sontuosi. La sua intenzione era trascorrere i suoi giorni in povertà in convento, ma i suoi propositi furono ostacolati da papa Clemente VII, che le vietò di prendere i voti monastici. Tornò allora a Ischia, dove visse circondata da illustri scrittori, che le dedicarono numerose opere. Nel frattempo, le sue rime in morte del marito cominciarono a circolare anche fuori dalla cerchia napoletana, fino a che nel 1530 giunsero anche nelle mani di Pietro Bembo, che era in contatto epistolare con la marchesa sin dalla fine degli anni ’20. La fama poetica della Colonna fu immortalata da Ludovico Ariosto nel XXXVII canto dell’Orlando furioso (1532), mentre nel 1535 un suo sonetto veniva incluso nella seconda edizione delle Rime di Bembo.
A Napoli ebbe forse la possibilità di incontrare Juan de Valdés (che vi si era trasferito nel 1534), benché non vi siano documenti ad attestarlo. Intanto, pur da lontano, Vittoria seguiva attentamente le vicende fondative dell’Ordine Cappuccino: insieme a Caterina Cibo si batté strenuamente in difesa dei frati, impegnando energie e denaro.
Nel marzo 1535 rientrò a Roma, dove ascoltò le prediche del cappuccino Bernardino Ochino, che sarebbe presto divenuto sua guida spirituale, e dove conobbe Michelangelo, probabilmente nel 1536. Dopo un momento di sospensione della scrittura, la Colonna decise di porre i suoi versi al servizio di Dio, narrando la propria esperienza di fede: è in questo periodo che la poetessa cominciò a scrivere assiduamente rime a tema sacro, destando lo stupore dei contemporanei.
Nel 1537 si diresse verso Venezia per imbarcarsi da lì per la Terra Santa; fallito il viaggio a Gerusalemme, si stabilì per 10 mesi a Ferrara, dove assistette nuovamente alle prediche di Ochino, strinse amicizia con Renata di Francia e Margherita di Navarra, e conobbe i futuri gesuiti Simon Rodriguez e Claudio Jajo. Seguì poi Ochino a Pisa, a Firenze e a Lucca. Tornata a Roma sul finire del 1538, prese alloggio nel monastero delle clarisse di S. Silvestro in Capite.
Era intanto uscita a stampa la princeps delle sue poesie (1538), non avvallata dall’autrice e fortemente criticata da Bembo. Fra il 1539 e il 1540, invece, la marchesa allestì personalmente e donò a Michelangelo una raccolta di 103 sonetti spirituali (ms. Vat. lat. 11539). Sin dal 1540 ci fu chi riteneva che in queste rime «v’erano di molte cose contro la fede di Gesù Christo» (lettera di Alberto Sacrati a Ercole II d’Este); più precise accuse di eresia sarebbero state pronunciate molto più tardi, durante i processi inquisitoriali contro Pietro Carnesecchi e Giovanni Morone: da una parte, riguardavano l’«intrinsichezza» della poetessa con Ochino, Pole e tutti i maggiori esponenti dell’Evangelismo; dall’altra, la sua adesione alla dottrina della giustificazione per la sola fede.
Nel marzo 1541, poiché le tensioni tra il fratello Ascanio Colonna, di fede imperiale, e papa Paolo III stavano per esplodere nella Guerra del Sale, la Colonna si trasferì ad Orvieto, presso le monache di S. Paolo. In questa occasione, come in altre, cercò di mediare la pace fra le parti in causa: il suo parere e la sua penna erano richiesti da Carlo V tanto quanto da Paolo III.
Quando il cardinal Reginald Pole (dal 1540 nuova guida spirituale della marchesa) fu nominato legato del Patrimonio di San Pietro a Viterbo, Vittoria decise di raggiungerlo e prese dimora presso il convento di S. Caterina. A Viterbo partecipò, con costanza e discrezione, al cosiddetto Circolo degli Spirituali, seguendo gli aggiornatissimi dibattiti sui temi della giustificazione per la sola fede, della predestinazione, del libero arbitrio, della grazia e delle opere, e assistendo da vicino all’elaborazione e alla pubblicazione del Beneficio di Cristo. Qui si strinsero le amicizie con Marcantonio Flaminio, Alvise Priuli, Vittore Soranzo, Giovanni Morone, e nell’approfondirsi del rapporto con Pole la Marchesa si diresse verso una fede più intima e personale, forse anche meno legata ai riti della tradizione cristiana.
L’agosto 1542 fu per la Colonna un mese di perdite importanti: morì il cardinal Gasparo Contarini, a cui era molto legata, e Ochino, che si era rifiutato di presentarsi davanti all’Inquisizione, fuggì in Svizzera abbandonando definitivamente la Chiesa di Roma.
Guarita da una malattia che aveva molto preoccupato gli amici, la marchesa tornò ancora a Roma e alloggiò nel convento delle benedettine di S. Anna. Prese parte alla Compagnia della Grazia, nata per proteggere e amministrare la Casa Santa Marta, fondata da Ignazio di Loyola per il recupero delle prostitute pentite. Oltre a questa, innumerevoli sono le testimonianze relative alle sue opere di carità, in particolare per la costruzione di chiese e conventi.
Pur ricercando una vita di silenzio, letture e contemplazione, grazie al mezzo epistolare Vittoria restò in stretto contatto con il mondo della politica, dell’amministrazione feudale, degli intrighi ecclesiastici, del dibattito teologico. Le poche lettere del suo carteggio che sono sopravvissute sono una testimonianza preziosa del suo temperamento deciso, anche duro quando si tratta di difendere la verità e la giustizia, per nulla timoroso nel rimproverare papi e imperatori.
Le sue rime – amorose e spirituali – venivano intanto stampate e ristampate, sempre senza il suo ufficiale consenso. In particolare, nel 1542 comparve un’edizione commentata per opera di Rinaldo Corso (fu poi ristampata con integrazioni nel 1543 e nel 1558). L’edizione Valgrisi del 1546, che il fratello Ascanio aveva commissionato a Donato Rullo, diede avvio al genere delle Rime spirituali.
Vittoria Colonna morì a Roma, nel Palazzo Cesarini, il 25 febbraio 1547. Al suo capezzale c’erano Flaminio, Priuli e Tommaso Maggi, segretario di Reginald Pole. A quest’ultimo, con grande scandalo degli esecutori testamentari e del fratello Ascanio, Vittoria lasciò in eredità quasi tutto il suo patrimonio.”
Veronica Coppello
17-02-2020
Bibliografía Primaria
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Bibliografía Secundaria
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Más información en: http://www.treccani.it/enciclopedia/vittoria-colonna_(Enciclopedia-Italiana)/; https://www.wikidata.org/wiki/Q255368; https://es.wikipedia.org/wiki/Victoria_Colonna.
Bibliografía Secundaria
- Rime - 1840
- Carteggio di Vittoria Colonna: Marchesa Di Pescara - 1889
- Carteggio - 1892
- Il codice delle rime Vittoria Colonna - 1900
- Rime - 1982
- Sonetti in norte di Francesco Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara. - 1998