Biografía
Cosenza, 1470 – Cosenza, 1522. Importante humanista que formó parte de la Academia Pontaniana, aunque “il suo nome non figuri negli elenchi di quegli accademici” (Altamura, 1941: 127)). En el año 1511, fundó la Academia Cosentina en Cosenza. Entre 1514 y 1517, enseñó en Roma a los grandes autores latinos. Es conocida su faceta de crítico y han sido alabados sus comentarios a los clásicos en obras como In Ovidii Heroidas (1522) o De rebus per epistolam quaesitis (1540), publicadas póstumamente.
Más información en: http://www.treccani.it/enciclopedia/aulo-giano-parrasio; https://www.wikidata.org/wiki/Q3629754.
“A. G. Parrasio. — Erede e continuatore dei metodi del Valla e del Leto fu il calabrese Paolo Giano Parisio, noto col nome accademico di Aulo Giano Parrasio. Nato a Figline, presso Cosenza, nel 1470, studiò il greco a Lecce e a Corfù; a Cosenza, si dedicò all’insegnamento, aprendovi una scuola nel 1491. Trasferito a Napoli, venne quasi certamente accolto nell’accademia del Pontano (nonostante che il suo nome non figuri negli elenchi di quegli accademici), e re Ferrandino, al quale egli fu fedele fino all’ultimo momento, lo circondò d’ogni onore e favore. Quando, però, nel 1497, re Ferrandino morì, e lo zio, Federico, assunse il regno, osteggiando ingiustamente molti che pur avevano fatta loro la causa degli aragonesi, il Parrasio, caduto in disgrazia del nuovo re, fu costretto a esulare a Roma, dove l’Accademia del Leto lo accolse e grandemente onorò. Due anni dopo, era a Milano; e quivi si trattenne per ben otto onni, sposandovi Teodora Calcondila, figliuola del noto umanista, e facendosi apprezzare per le sue lezioni di retorica e per quel moto di rinnovamento che egli portò negli studî giurdici, del quale grande esponente fu il suo miglior discepolo, Andrea Alciato. Litigi violenti e gelosie di emuli lo costrinsero nel 1506 a lasciar Milano. Intanto, la lega di Cambrai e il denso periodo di eventi che ne seguì sbalestrarono il Parrasio di qua e di là, a Vicenza, a Venezia e a Padova e nuovamente a Napoli, umile maestro e infelice marito; finchè, nel 1511, si ritirò nella sua terra nativa, fondadovi la gloriosa accademia cosentina. Richiamato a insegnare nel ginnasio romano, v’iniziò nel ’14 la lettura e il comento dei maggiori autori latini, proseguiti con successo fino al’17, allorchè il munifico Leone X gli elargì un assegno vitalizio. Era tempo, ormai, di dar fine alla sua povera vita randagia: ritiratosi nel ’21 a Cosenza, l’anno dopo vi moriva.
Come per quasi tutti gli umanisti insegnanti nelle scuole private o negli Studî, anche l’opera del Parrasio è tutta legata alla scuola. Numerosissimi sono i comenti e i tratti: un comento sul De raptu Proserpinae di Claudiano venne fuori a Milano, nel 1501, e ristampato a Basilea nel 1517 e nella stessa città nel 1539 dal tipografo Roberto Winter; a Napoli, nel 1531, il Sultzbach stampava uno studio In Honoratii Poëticam; nel ’22 pubblicava a Venezia un lavoro In Ovidii Heroidas, presso il tipografo Giov. Tacuino; Enrico Stefano stampava a Parigi nel 1540 il De rebus per epistolam quaesitis, e nel ’67 un comento storico In Ciceronis pro Milone orationem. Precedentemente, nel 1500, il Parrasio aveva curata un’edizione di Cornelio, e un suo Brevarium rhetorices (edito a Venezia nel 1509) si studiava in molte scuole d’Italia. Ma, oltre i sagaci comenti e le molte buone interpretazioni proposte, il Parrasio ebbe anche il merito di aver scoperto testi perduti, quali quelli di Carisio, di Draconzio, di Probo e di altri. Né mancò, di tanto in tanto, di offrire il suo tributo alla poesia, componendo buoni versi, di classica fattura e ispirati ai migliori modelli della poesia gnomica latina e greca. Migliore di tutte è apparsa la nota elegia Ad Luciam, la quale fece pensare al Lo Parco che il Leopardi l’avesse imitata nel Bruto minore; ma, evidentemente, avendo tanto il Parrasio che il Leopardi attinto alla medesima fonte, si sono certamente incontrati nelle immagini pessimistiche dei due componimenti, senza che tra loro sia interceduta relazione alcuna.”
En: Altamura, Antonio. L’umanesimo nel mezzogiorno d’Italia. Firenze: Bibliopolis, Libreria Antiquaria Editrice, 1941, pp. 127 – 128.
“Aulo Giano Parrasio (1470 – 1522) nacque a Cosenza e fu uno degli esponenti dell’umanesimo calabrese, che ebbe i suoi rappresentanti in Antonio e Bernardino Telesio, nei fratelli Bernardino e Coriolano Martirano, ai quali più tardi si rannoda anche Tommaso Campanella. Iniziò il suo inegnamento di lingua e letteratura latina e greca a Cosenza, nel 1492 si trasferì a Napoli, dove fu al servizio di Ferrante II e di Federico. Dolo la discesa di Carlo VIII, nel 1497, si trasferì a Roma, dove Pomponio Leto lo introdusse nella sua accademia col nome di Aulo Giano Parrasio (il suo vero nome era Giovanni Paolo Parisio). Da Roma passò a Milano, dove insegnò prima privatamente lingue e lettere classiche e poi eloquenza e storia all’Università, chiamato dal governo di Luigi XII. Lì ebbe tra i suoi ascoltatori Gian Giacomo Trivulzio, che allora comandava l’armata francese. Dopo aver sposato la figlia di Demetrio Calcondila, passò a insegnare a Vicenza, a Padova e a Venezia e di là decise di rientrare in Calabria. Nel viaggio di ritorno, nel 1510, per quattro mesi si fermò a Napoli. Nel 1514 ritornò a Roma, dove inesgnò fino al 1520, anno in cui si trasferì definitivamente a Cosenza. Ebbe una vita travagliatissima, per le tante animosità e avversità che suscitò in quasi tutte le città in cui visse, per i mali fisici, per le gravi e continue disgrazie familiari. Estese la sua conoscenza a tutta la letteratura latina, de Ennio a Claudiano. Su di lui: Giovio, Opera, VIII, Elogia c.; Minieri Riccio, Biografie degli accademici alfonsini, c.”
En: Della Roca, Alfonso, L’umanesimo napoletano del primo Cinquecento e il poeta Giovani Filocalo. Napoli: Liguori Editore, 1988, pp. 20 – 21.
Bibliografía Primaria
- In Q. Horatii Fracci Artem Poeticam commentaria Iuculentissima
- A. Iani Parrhasii Cosentini In Q. Horatii Flacci Artem Poeticam commentaria luculentissima, cura et studio Bernardini Martyrani in lucem asserta. Hosce commentarios ante decennium quisquam ne imprimito, neue impressos alibi uendito, qui secus faxit, Caesaris decretum uidexerit - 1531